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Ripercorrete con noi l'Europa!

52 articoli, uno per ogni settimana di passi di 365 volte Europa. Prendete una carta geografica e venite con noi: cercate i toponimi e immaginatevi il nostro cammino, seguendo le nostre suggestioni!

E preparatevi al vostro cammino leggendo il nostro Vocabolario.

Settimana n. 47


3 settembre 2019 - 9 settembre 2019

Attraversiamo un’incredibile periferia di Durazzo: in un degrado infinito bambini giocano, qualcuno tiene pulito lo spazio di fronte a casa, un canale è fogna a cielo aperto su cui galleggiano immondizie, donne separano rifiuti recuperando metalli, cavi elettrici, plastiche.

Risalendo verso Nord ogni paese è occasione per una sosta e per parlare di passato, futuro, emigrazione, Europa: a Vrinas con Beni (arrivò in Italia con la nave Vlora nel 1991); a Katund i Ri con un giovane laureato, pronto ad andare a Torino per un corso di specializzazione, e con Andrea, un ragazzino nato e cresciuto in Italia, ora in vacanza dai nonni; a Shkafane la storia da libro Cuore di Klodian; ad Adriatik una donna ci parla della sua vita da emigrata nel Bronx, più oltre Erjon, che vive a Terni, ci fa da traduttore in un lungo colloquio con Rake e con Mark; Padre Giuseppe ci apre la porta di casa, anzi del convento di Gurëz e ci offre un condensato di informazioni per meglio comprendere l’Albania. Tanti i generosi che ci offrono acqua fredda, caffè, bibite.

Vigne, montagne, paesaggi rinascimentali: piccoli appezzamenti, coltivati con prodotti differenti. Continuano a essere attivi i raccoglitori/smistatori e compaiono peluche e bambole appesi ai balconi di ville nuove o in costruzione, antidoto contro il malocchio. Ci riavviciniamo al mare attraversando la Patok-Fushe Kuqe Reserve.

Una fortezza domina e annuncia Lezhë (Alessio): Skanderbeg organizzò qui la Lega per combattere la minaccia turca. Balldreni è un pugno di case, bar senza insegna al primo piano di villette, la negoziante che ci vuole regalare un'anguria e l’incontro con Daniel, un giovane cicloviaggiatore svedese che vuole raggiungere il Sud Africa per ritrovare le sue radici e tornare come mozzo su una nave. Le belle pietre tra il giallo e il marrone-rossastro dei muri di contenimento e delle case di Torovicës sono tagliate da una cava locale. A Fshati i Ri piante da frutto, giardini curati, serre, mucche, pecore, capre. A Bahçallëk scopriamo dal meteo in TV che le temperature albanesi di questi giorni sono tra le più calde al mondo.

Il ponte sul fiume Drin ci fa passare sotto l'inaccessibile castello di Rozafa, la donna che secondo l’antico mito fu sacrificata (metà murata e metà no) per dare stabilità alla costruzione. Scutari è città di radici antiche, chiese, moschee ed edifici ottomani, la percorriamo nel caos tra banchetti di tabacco, sigarette fatte a mano vendute sfuse, merce a terra di mercanti che giungono dai villaggi delle montagne (uova, latte fresco in bottiglie riciclate che ancora hanno l’etichetta originale, un secchio di fichi, una cassetta di uva), negozi di abbigliamento griffato a prezzi irrisori, un mercato di animali vivi (capre, galline, vitelli, conigli), mucche libere bloccano il traffico senza lamentele da parte degli automobilisti, bambini in bici trasportano enormi sacchi di plastiche recuperate tra i rifiuti

A Est montagne brulle, gialle, rocciose, aspre, confine con Macedonia del Nord e Kosovo, a Ovest il lago di Scutari, per 1/3 albanese e per 2/3 montenegrino, il più grande della penisola balcanica.

Ci ripariamo dalla pioggia sotto una tettoia e uno strano tipo in Mercedes si ferma per offrirci, pagando, un passaggio verso l’Unione Europea (la Croazia e a poco più di cento chilometri).

L’ultimo pranzo albanese è il mazë, cibo tradizionale del Nord Albania, una polenta reminiscenza del dominio della Serenissima. Il lago è a portata di sguardo, camper targati D, DK, PL, NL, F e campi di lavanda. Una fortezza vigila sulla frontiera Hani i Hotit - Bozhaj, Montenegro. "All corruption is equally punished" proclama un manifesto; la bionda poliziotta montenegrina ci saluta "Arrivederci".

Montagne carsiche e melograni, nella piana mandorli, vigne, fichi, ulivi e aziende agricole spesso recintate con filo spinato e un guardiano al cancello. Tuzi ha due cimiteri musulmani e, oltre il paese, un cimitero cristiano. Il fiume Cijevna, dal letto stretto e profondo scavato tra rocce carsiche, ci dirige verso Podgorica, unica capitale del nostro cammino: città moderna perché distrutta durante la Seconda guerra mondiale, in centro l’ottomana Clock Tower-Sat kula, per le strade qualche Yugo parcheggiata, un parco alla confluenza dei fiumi Morača e Ribnica e il Millenium Bridge. Per noi una nuova SIM per l'IPAD e il rifiuto di quattro banche di cambiare i lek albanesi in euro (la moneta adottata unilateralmente in Montenegro).

Proseguiamo lungo la valle del fiume Zeta, ritornano i cimiteri in stile serbo. Zoran sa qualche parola di italiano perché ha lavorato a Budua, sul mare, dove arrivano molti turisti italiani; ci offre un caffè e ci riassume il Montenegro: è piccolo ma ha tutto, mare, laghi, montagne, neve d'inverno e caldo d'estate. A Spuž una fortezza antica e una collina rosicchiata dalla cava di maljat, pietra tipica di questa zona: l’azienda Soverchia ha l'esclusiva dell'estrazione e la lavora a San Severino Marche. Lungo la fertile valle di Bjelopavlići fattorie biologiche, Danilovgrad e il monastero di Ždrebaonik. A Vinići la sosta per una cena di pesce prima di aprire la tenda in un prato che profuma di timo.


Commenti

  1. frenetiche le attività che descrivi dall' agricoltura che vede impegnati tutti nei paesi agli sguardi sui panorami. Mi colpisce il numero di persone che hanno legàmi con l'Italia

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