Per tradurre il blog in modalità automatica

Ripercorrete con noi l'Europa!

52 articoli, uno per ogni settimana di passi di 365 volte Europa. Prendete una carta geografica e venite con noi: cercate i toponimi e immaginatevi il nostro cammino, seguendo le nostre suggestioni!

E preparatevi al vostro cammino leggendo il nostro Vocabolario.

Settimana n. 40


16 luglio 2019 - 22 luglio 2019

Festeggiamo l’inizio dell’ultimo quarto di questo viaggio a Csongrád con una birra in un bar tra clienti tzigani, grandi fumatori, e di sottofondo note di strumenti a fiato che provengono dal parco. L’argine del Tibisco, fiume nato dai Carpazi ucraini, ci fa arrivare, cambiando sponda, a Szentes, dal grazioso centro storico; poi susini e prugni dissetanti, strade ombreggiate e faraone libere fino a Mindszent.

Aldilà del fiume c’è Ópusztaszer e il più grande labirinto di siepi in Europa, però non c’è un ponte per attraversare il Tibisco, quindi continua la solitudine assoluta dell’argine fino a Martely, preceduta da impressionanti allevamenti di oche e tacchini. Ancora una preziosa ciclabile, i treni corrono nell’erba alta, un unico vagone rosso e giallo attaccato alla linea elettrificata.

Hódmezővásárhely ha l’insegna di inizio città in runa ungherese, il vecchio alfabeto di derivazione turca, e significa Mercato sul Campo dei Castori, nome lunghissimo per una città Slow; come sempre interi quartieri di casette basse, bei palazzi e monumenti nel centro città, ma a sud ci ritroviamo in una periferia triste di condomini in stile sovietico.

Riprendiamo la ciclopedonale, un lungo rettilineo nell’infinita pianura coltivata, cassette della posta nel nulla e trebbiatrici in azione, nella piazza di Maroslele cuccioli di cicogna ci guardano impettiti dal loro nido. Appena a Ovest lasciamo Szeged, terza città ungherese, distrutta nel 1879 da un’esondazione del Tibisco e completamente ricostruita sul modello delle grandi capitali europee.

Ci attende l’ultima notte ungherese da trascorrere a Makó, la città in cui nacque Joseph Pulitzer, colui a cui è intitolato, in ricordo e per sua volontà, il più importante premio giornalistico. Non approfittiamo delle terme di Makó, ma in un piccolo ristorante ceniamo con zuppa di frutti di stagione (crediamo verdure, invece sono fragole) e pörkölt (un gulasch denso) accompagnato da galuska (gnocchetti).

Attraversiamo l’unico ponte sul fiume Mures in terra ungherese e percorriamo l’argine sinistro, un cartello ci insospettisce: un disegnino come di fuochi d'artificio; una coppia di contadini ci urla: "Polizei", mostrando i polsi incrociati, virtualmente ammanettati, non si può lasciare l’Ungheria lungo l'argine, dobbiamo passare dalla frontiera strettamente presidiata.

Un’altissima e colorata croce ortodossa ci dà il benvenuto in Romania, cambia l’ora (si sposta in avanti) e anche la valuta. Il sole ci prosciuga, un contadino si sporge dal trattore per regalarci una bottiglia da due litri di acqua. Cenad ha una strada principale da cui si dipartono larghe strade laterali, sterrate e bordate da case sgangherate, e una chiesa gialla e rossa. Carri tzigani tornano dai campi, due ragazzini in bici si fermano e cercano un dialogo in romané: "Andate solo a piedi, allora siete tzigani!".

All'ingresso di Sânnicolau Mare una filiale della Zoppas Industries e un marciapiede con ciclabile che porta in centro e appena oltre un lunghissimo filo di terra camminabile al confine tra strade trafficate e coltivi a perdita d'occhio di mais, girasoli e cereali spesso già mietuti. Rotaie ferroviarie corrono senza barriere alla nostra sinistra, ricoperte di erba, il treno ogni tanto attraversa la strada senza passaggio a livello, solo uno stop.

Saravale, Sânpetru Mare, Periam, Variaș, sono paesi con strade larghe e geometriche, un viale di pruni a separare la strada dal marciapiede che corre lungo le case, tubi di scarico delle grondaie sospesi a tre metri di altezza si scaricano nel prato, dove ci sono cumuli di tronchi, da tagliare per l'inverno. Venditori di angurie e meloni gialli. A Satchinez un pastore pascola le mucche di tutti: lo seguiamo mentre le riporta una per una ai proprietari. Sânandrei ha siepi e villette moderne e una o due capre in giardino.

Una larga strada sterrata per Timisoara, sui cartelloni pubblicitari messaggi contro il traffico di persone per fini sessuali o lavorativi. In città i pali della linea elettrica hanno collegamenti ingarbugliati e intere bobine lasciate appese lassù, in statica attesa, però il centro si merita l’appellativo di Piccola Vienna: parchi, palazzi barocchi e asburgici tra cui la casa del Principe Eugenio di Savoia (che la riconquistò dopo duecento anni di dominazione ottomana). Da qui partì la rivoluzione contro Ceaușescu. Nuovi quartieri residenziali accolgono anche qualche migliaio di italiani che vivono e lavorano in questa città cosmopolita.

Sull'argine lungo il Timis un'upupa con la sua elegante crestina ci precede a lungo in un gioco di brevi voli e atterraggi. Un ponte per proseguire a Sud Est; a Berini la Biserica Adormirea Maicii Domnului riporta la data di costruzione: 1975, Zorinel ha le chiavi della chiesa, ci mostra un dipinto del 1890 e varie icone preziose e ci spiega che durante il periodo di Ceaușescu si potevano costruire chiese ortodosse e pregare.

Tormac in centro ha un parco giochi e il Jra Caffe Lounge, nel cui giardino Mario ci invita ad aprire la tenda: dopo sedici anni di lavoro agricolo stagionale in Italia ora ha aperto questo fast food e ci spiega che la Romania è stata venduta agli stranieri, infatti le terre nei dintorni di Tormac appartengono a danesi, francesi, italiani.


Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il libro fotografico