Per tradurre il blog in modalità automatica

Ripercorrete con noi l'Europa!

52 articoli, uno per ogni settimana di passi di 365 volte Europa. Prendete una carta geografica e venite con noi: cercate i toponimi e immaginatevi il nostro cammino, seguendo le nostre suggestioni!

E preparatevi al vostro cammino leggendo il nostro Vocabolario.

Settimana n. 49


17 settembre 2019 - 23 settembre 2019

Grossi pesci nuotano a filo d'acqua nella acque trasparenti della Neretva. Žitomislići è un pugno di case, una necropoli tardo-romana con lapidi in pietra, una presenza croata aumentata notevolmente dopo la guerra degli anni '90. Bunski kanal di Hodbina è il punto in cui la Buna incontra la Neretva creando un paesaggio straordinario, cascatelle di acqua limpida, su rocce carsiche.

La ciclovia Ciro ci lascia tra fabbriche di alluminio in funzione e dismesse, preludio di Mostar; in città sono ancora presenti belle case in pietra scoperchiate dalla guerra, ma il centro è rimesso a nuovo: il Collegio del Mondo Unito (alternativa alla grande università in cui la lingua ufficiale è il croato), moschee e minareti, la cattedrale di Santa Maria Madre della Chiesa e la Mostarsky Zvonik Mira, alta 107,2 metri. La città è affollata da turisti alla ricerca di souvenir nei negozi etnici e a passeggio sul ponte Stari Most: la cristallina Neretva scorre tra pietre lisce, uomini si tuffano da una rocca e un tipo in costume è pronto a tuffarsi dal ponte, se qualcuno lo paga

A Polog un dettagliato murales racconta il blocco attuato da persone non armate il 7 maggio 1991, per fermare i carri armati della JNA. Poco oltre svastiche sul monumento che commemora i morti del 1943. Entriamo nel Cantone dell'Erzegovina Occidentale, sugli edifici pubblici sventola la bandiera del cantone, molto simile alla bandiera croata. Široki Brijeg è preceduta da un’area commerciale e industriale, il traffico avanza lentamente, uomini trasformano casse d'uva in mosto da mettere nei tini, il più anziano ci viene incontro porgendoci una cassa d'uva, ne prendiamo due grappoli, è matura e dolce. A Kočerin un bambino ci osserva dal balcone, chiama il papà che ci offre di dormire a casa loro.

L'alternativa alla strada sale e scende in una periferia residenziale: belle villette, molti cani. A Gradac  insediamenti neolitici e un memoriale dei morti in combattimento degli anni 1992-1996. Sulle montagne di Posušje gira un orso e nell’area archeologica sul torrente Ričini ci sono tombe antiche e un ponte di pietra. Vinjani è a meno di un chilometro dal confine croato, una vettura della Policija arriva a sirene spiegate con il cellulare pronto a caricarci: siamo stati segnalati come migranti da arrestare

Una strada sterrata larghissima sale in montagna, villaggi minuscoli sulla costa. Frecce a un quadrivio indicano la Croazia, noi saliamo un colle che ci fa rimanere in Erzegovina. Un altro pulmino della Policija ci ferma e poco oltre l'offerta di un passaggio è velata proposta di un passeur. Cappelline votive dedicate a Sant'Antonio.

Busko jezero, forse il più grande lago artificiale d'Europa, ha il lungolago segnato biancogiallo, parte del percorso bianco delle Alpi Dinariche. Antere, garzette e folaghe, aironi, cormorani si alzano in volo radente per pescare. Prisoje è ancora tombe del passato e del presente, in riva al lago cacciatori di beccacce e quaglie. Svekar voda a Misi è un'antica sorgente ripristinata nel 2006 da un gruppo di emigrati

La temperatura si abbassa, al mattino il termometro si ferma poco sopra lo 0. Sterrate a salire sui colli, qui e là cumuli di macerie edili. Livno è in una conca, il paese è meno vasto del cimitero di croci bianche, a ricordo di stragi passate; la piazza centrale è moderna, le campane suonano festose: è domenica. Un comodo marciapiede fino a Suhača, tra casette nuove a fila unica lungo i bordi della strada. Pecore nella piana coltivata in piccoli appezzamenti, tra montagne rocciose a ovest, boscose a est

Da Veliki Kablići saliamo a Priluka, diffidenza e nessun cenno di saluto. Ci immergiamo in un luogo bucolico, che diventa spaventoso: cartelli di pericolo mine, picchetti rossi, nastri gialli firmati civilne zastite protezione civile e qualche buca profonda di terra smossa dallo scoppio di una mina. Case crivellate di colpi, le travi dei tetti consumati dal fuoco. Una vipera dal corno sulla via. Dai cartelli indicatori sparisce il toponimo cirillico, ricoperto da spray nero. Glamoč porta ancora i segni della guerra, al contrario la piana è ampia, verde, pascoli e coltivazioni, una conca dalle pareti non troppo alte, alle pendici piccoli paesi.

A Medena Selista chiediamo voda a Milka e Bogdan che ci donano anche un bicchiere di rakija e qualche consiglio. Una larga strada sterrata, boscaioli e trattori all'opera. Doline dal fondo verde brillante. Un memoriale in ricordo dei partigiani della II guerra ha le lapidi distrutte. Cartelli zabrana pasarenja divieto di pascolo. A Rore belle casette ristrutturate; poco oltre un colle alto 1000 m. s.l.m. ci apre lo sguardo sulla valle dai primi colori autunnali. Facciamo due chiacchiere in tedesco con un’anziana signora dalla schiena ricurva: sta raccogliendo bacche di rosa canina, piccole perle di vitamina C, per fare marmellate e infusi. Crni Vrh è pascolo sicuro in cui aprire la tenda, tra gocce di pioggia e mucche curiose.


Commenti

  1. Appunto, mine e segni di guerra sembrano rendere l'aria difficile da respirare. Polizia a caccia di migranti tanto per non farsi mancare nulla!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Due nonni a piedi nella nostra Europa