Per tradurre il blog in modalità automatica

Ripercorrete con noi l'Europa!

52 articoli, uno per ogni settimana di passi di 365 volte Europa. Prendete una carta geografica e venite con noi: cercate i toponimi e immaginatevi il nostro cammino, seguendo le nostre suggestioni!

E preparatevi al vostro cammino leggendo il nostro Vocabolario.

Settimana n. 50


24 settembre 2019 - 30 settembre 2019

Pioggia lieve, raggi di sole squarciano le nuvole, il fondo valle si perde nella nebbia, la sterrata sale e scende immersa nel foliage autunnale, sfiora piccoli agglomerati dove case bombardate, minate, bruciate si mischiano a piccole fattorie abitate. Cavalli, mucche, pecore e capre. Nei boschi camion vuoti risalgono verso Glamoć, carichi di legna corrono a valle.

Dalla grotta dove Tito stabilì il suo quartier generale scendiamo al fiume Unac per entrare a Drvar, Grad heroj città eroica per la strenua difesa del maresciallo all’attacco delle SS nel ’44, ora città triste per le ancora evidenti ferite della guerra jugoslava.

A Bastasi ci inoltriamo nei boschi del Nacionalni Park Una, la segnaletica del parco si accompagna a cartelli rossi pazi mine. A Boboljusci un anziano ci offre dolcissime prugne e dal finestrino di una jeep un boscaiolo ci mette in mano una birra Nektar. La sterrata procede tra doline erbose e boschetti. A Martin Brod una signora ci fa parlare al telefono con la figlia Dragana che vive a Trieste, un’altra ci offre noci.

Vivaci le cascate dell’Una e graziose anche le innumerevoli cascatelle di acqua limpida che biancheggia scendendo. Un percorso segnato come via ciclabile corre tra il fiume (tranquillo e trasparente come tutti i fiumi bosniaci) e la ferrovia. Case di campagna, pecore, mais.

La Stari grad Ostrovica, fortezza medievale costruita sulle rocce, anticipa e protegge Kulen Vakuf, un paese che ha voglia di turismo, ma fatica: vittima di un primo eccidio nel 1941 e un secondo nel 1992, ricordato da una parete di marmo scuro in cui sono incastonate le foto di un centinaio di visi giovani dai nomi bosgnacchi. Il canto del muezzin dalla moschea Sultan Ahmed (distrutta e ricostruita innumerevoli volte) segna l’uscita da scuola, il giovane Riad chiede a Riccardo di farsi un selfie insieme, con il suo cellulare. Ancora salite e boschi, macerie di case abbattute riempiono una dolina, da una casa ristrutturata un uomo arriva di corsa per offrire a Riccardo un bicchiere di Rakija.

Orašac è resti imponenti di città fortificata, per noi è il bivio che ci riporta lungo il fiume Una, linea di confine tra Bosnia ed Erzegovina e Croazia. Lungo la sterrata turisti asiatici accompagnati da una guida locale, motociclisti cechi, arabi dall’auto lussuosa, ma anche cartelli Bear on the Road e Wolf on the road. Molte casette vendono miele e marmellate. Paghiamo 7 BAM a persona, però lo Štrbački buk li merita: cascate spettacolari, giochi d'acqua, una pedana in legno che corre lungo la sponda e si protende sul fiume. Non manca un mercatino di prodotti tipici, un ristorante, tavoli per pic nic e un memoriale degli anni '90.

Troviamo un posto per la tenda, affianco a due case bombardate, circondate da rovi che le rendono inviolabili. Al mattino la nebbia nasconde le cascate, all'uscita 2 il custode ci raccomanda di stare sulla strada principale, ma una deviazione ci riporta nel Parco, la strada si fa ciottolosa e i cartelli sui bordi son rossi di pericolo mine e una voragine di mina esplosa è ben visibile.

Entriamo a Bihać da una periferia rimessa a nuovo: villette e giardini, allineati lungo la Una. In centro città, migranti si muovono dal parco e ci salutano calorosamente. Parecchi condomìni hanno la facciata crivellata da colpi di mitraglia. Un gruppo di migranti è pronto a provare the gameil passaggio in Croazia, scarponi ai piedi e zaino in spalle, Muhammad e Baha ci raccontano il loro difficile viaggio dall’Afghanistan e i loro sogni. Bambine velate e bambini entrano nella moschea Fethija per la lezione di scuola musulmana.

A Klokot, dove le steli delle tombe musulmane hanno particolari dipinti di rosso, parte un percorso segnato biancorosso che ci avvicina a Granični prijelaz Izačic, frontiera con la Croazia: il doganiere bosniaco e la poliziotta croata controllano a lungo e con attenzione le nostre carte d’identità. A Ličko Petrovo Selo ancora case distrutte, ma la desolazione sparisce nel parco nazionale del Plitvička jezera: case ristrutturate, prati, pansion e apartmani

Un sentiero panoramico ci fa vedere dall'alto il fiume Korana con cascate e cascatelle e il profondo canyon lavorato dall’acqua. Camminiamo in una faggeta. Cinque steli di marmo grigio ricordano una famiglia sterminata nel 1991. A Kuselj un cartello annuncia orsi, sui pendii scoscesi picchetti con la testa rossa, pericolo mine. A Saborsko ci dicono che è terminata la stagione turistica, faremo pochi incontri.

La facciata della chiesa di Lička Jasenica ha colpi d'arma da fuoco concentrati in un metro quadrato, segno di un'esecuzione. Allontanandoci dalle turistiche cascate di Plitvice ricompaiono case distrutte e un angolo di wilderness dove l'autunno si palesa con il rosso del sommacco. All'ufficio postale di Plaški cambiamo euro in krone e scopriamo il Tesla HotSpot, che ricorda i legami tra la cittadina e il pastore ortodosso Milutin, padre dello scienziato e inventore Nikola. Nei pressi di Kunić l’Institut Zagreb BC sperimenta nuove varietà di mais.


Commenti

Post popolari in questo blog

Due nonni a piedi nella nostra Europa