Per tradurre il blog in modalità automatica

Ripercorrete con noi l'Europa!

52 articoli, uno per ogni settimana di passi di 365 volte Europa. Prendete una carta geografica e venite con noi: cercate i toponimi e immaginatevi il nostro cammino, seguendo le nostre suggestioni!

E preparatevi al vostro cammino leggendo il nostro Vocabolario.

Settimana n. 11


25 dicembre 2018 - 31 dicembre 2018

È Natale. La colazione è caffè e Miguelitos, due bocconi di pasta sfoglia e crema pasticcera, una tradizione di La Roda, prima di incamminarci sul Camino viejo de Minaya, una striscia beige bordata di erbetta verde, che avanza sinuosa tra coltivazioni smisurate e silenziose, cumuli altissimi di pietre e muraglie di balle di fieno quadrate. Qualche contadino al lavoro nella campagna silenziosa, come silenziosa è Minaya, cicaleccio solamente nel bar, dove una famiglia festeggia il Natale davanti a un presepe che occupa metà locale.

Cambia il paesaggio: pinete e vigne basse, da cui pende ancora qualche grappolo dolcissimo di uva bianca e tinta. Conosciamo Joaquin Huerta, simpatico, allegro e accogliente: in una casetta, chiusa solamente con un laccio, ci sono patate viola ad asciugare e materassi a terra pronti per i pellegrini che passano in estate, sempre molto calda e funestata da temporali. A Los Pedroneras é già il tramonto, con difficoltà troviamo uno spazio senza pietre per sistemare la tenda, vicino a una montagna di aglio. La cena è, naturalmente, una pasta aglio e olio. 

Nebbia fredda ci avvolge giorno e notte e rende il paesaggio irreale e suggestivo. Santa María de Los Llanos è strade larghe e casette basse, un murales in cui Don Chisciotte e Sancho Panza indicano i chilometri a Valencia e a Santiago. Il cartello Prohibido tirar basuras y escombros viene irriso da una discarica abusiva. Mota del Cuervo è mulini a vento e il bar Los Arcos di grande qualità, come indicato dal pavimento ricoperto di gusci di arachidi e di tovagliolini usati: e sì, la quantità di rifiuti a terra è indice di validità del locale!

Un viale di alberi dei Paternostri ci accoglie a El Toboso, la città della Dulcinea che sveglia Don Quijote dal torpore Le articolazioni da alcuni giorni piangono e chiedono rifugio dal freddo, la risposta è l'Hospedería Monjas Trinitarias, un'esperienza mistica in un convento di clausura: l'accoglienza di una suora sorridente, la cena, sobria e gustosa, in una stanzetta minuscola, uno scaldapiedi sotto il tavolo per scaldare il corpo, un presepe con musiche natalizie e lucette per scaldarsi il cuore.

A Quintanar la Via Verde del Trenillo, che trasportava vino e cereali, è lunga 28 km lineari. Un ponte romano, sul Riu Giguele (affluente del Guadiana) e antichi mulini ad acqua. A Villa de don Fadrique l'unica porta aperta é la Casa del pensionista: qualche decina di anziani continua a giocare a carte, indifferente al nostro ingresso. Il barista ci sussurra che alla Casa Rural El rincón del Infante potrebbero avere le chiavi dell’albergue comunal. Ci proviamo: il gestore ci dice che senza credenziale siamo turisti o vagabondi.

Adelante, sempre avanti, verso Villacanas, superando ancora una volta i 40 chilometri. Un animale ci taglia la strada, assomiglia a un coyote (cacciatori venuti qui dalla Galizia ci diranno che probabilmente è uno zorro tipico di questa zona, più grande delle volpi normali). Al mattino lo zapatero ripara le mie scarpe: nell'attesa prendiamo un caffè e il barista ci offre churros e ciambelline calde, mentre dal telegiornale apprendiamo che c'è una moria di lepri, che vediamo spesso zampettare intorno a noi.

Scarponi nello zaino e scarpette ai piedi, su una sterrata sassosa: alla destra la serra di Romeral pare sostegno a un parco eolico, di fronte mammelloni dalle pendici coltivate. Due mulini a vento danno il benvenuto a Tembleque: un viale conduce al bel convento con chiesa e all’originale piazza Mayor, un piccolo gioiello medievale, tutta archi e terrazzi a loggia.

Procediamo seguendo il Camino del Sureste verso Villanueva de Bogas; una pineta alle porte del paese per la tenda, ma occorre l'acqua: Riccardo la chiede entrando in un cortile e, dopo aver riempito le borracce, gentili gli indicano la casa di José Luis, che ha le chiavi dell'albergue dos pelegrinos. Ci proviamo, ma non abbiamo la credenziale, quindi siamo vagabondi (turisti no, dice, perché non ne abbiamo l’aspetto) e ai vagabondi non si concede di dormire nell’albergue.

All’alba tutto è ghiacciato. Il paesaggio è estremamente affascinante, anche gli ulivi son ricamati di galaverna. Almonacid de Toledo è un miraggio bianco sormontato da un castello che pare costruito in sabbia sulla spiaggia, una sconfinata cava, l'uscita dalla messa domenicale, un monumento ai caduti Por dios y por la patria, un bar strapieno di famiglie e, a lato, un bar spoglio dove i pochi clienti sono uomini: i boccadillos sul bancone si mescolano alle lepri tenute per le orecchie, trofei di caccia.

Una collina di ville, villette e cigarral, edifici storici del toledano del sud ora trasformati in alberghi, ci porta alla vista panoramica dell'arroccata Toledo, a cui accediamo dal puente San Martin, banalizzato dal vicino Fly Toledo, il più lungo cavo al mondo per volare su un fiume, sostengono i cartelloni pubblicitari. L'interno dell'antica Toledo affascina e stupisce. A mezzanotte i fuochi d’artificio salutano il nuovo anno: li gustiamo da lontano, dalle sponde del nuovo fiume guida, il Tajo.




Commenti

  1. Dovete portate con onore l'attribuzione di vagabondi! Le regole a quanto pare sono più forti. In Spagna aveva colpito molto anche me la sporcizia ai piedi dei banconi dei bar però la barista devo dire che passava a pulire, non so ogni quanto ma lo faceva. Io non sono riuscita a buttare nulla però! Non mi sono saputa adeguare.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Settimana n. 18