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Settimana n. 44


13 agosto 2019 - 19 agosto 2019

Alla frontiera il poliziotto macedone ci dice: "It's a beautiful country". Arnie ed edilizia curata verso Delčevo, piccola città di commerci; cambiamo la valuta (dinari macedoni) e acquistiamo una SIM per il traffico internet (non è UE, non c’è l’accordo roaming). Musica di una banda: un corteo nuziale accompagna la sposa verso la chiesa, ballando. Ci spiegano che i matrimoni si concentrano ad agosto per avere i parenti che tornano dalle terre di emigrazione.

La strada Marshal Tito diventa sterrata, sale sui monti e tra i boschi, ed è il fiume Bregalnica a guidarci a Trabotivishte: un negozio e un tavolo, Giorgi si siede con noi, parliamo di sport e di politica, "siamo slavi, non greci o latini"; il suo amico Slobodan ci fa parlare per telefono con il figlio che vive ad Alessandria e scopriamo che la cardiochirurgia di Skopje è la migliore di tutti i Balcani.

Sui monti sentieri e segnavia che scompaiono dopo aver raggiunto la cima. Una sterrata ci porta a Robovo, paese di agricoltura e allevamento, molti i fienili in terra cruda e nella piazza di Berovo la bandiera nazionale svetta più alta della torre campanaria.

Pinete e frutteti, camion e trattori d'altri tempi, qualche auto lussuosa e carretti trainati da cavalli. Sfioriamo il grande lago di Berovo e tra i monti scopriamo la piccola e operosa Ratevo: il benvenuto è l’allegro "Siete a Ratevo!" di un uomo; una falegnameria, case in terra cruda, forni per il pane e tanta attività: chi prepara le pesche sciroppate, chi mette a seccare peperoni rossi, chi sbuccia peperoni verdi arrostiti, buoni accompagnati ai pomodori.

Una pista fangosa e segnata dalle ruote dei trattori ci fa arrivare al Turistichki kompleks Bela Voda, casette e ristorante, una piscina, molti clienti, dove abbiamo appuntamento per cena con Paolo e Irene.

Suvi Laki è un paese di villette, giardini, prati e orti, ma il ricordo più bello è Lupco: ci invita a casa per un caffè, dialoghiamo aiutati dal traduttore digitale, anche se parla un po' di italiano perché una figlia vive ad Alba.

La vecchia strada che scende a valle è abbandonata perché a rischio caduta massi e pietre ed è ormai una sterrata: ci ritroviamo in una cava di ghiaia e granito, con un po’ di impegno andiamo oltre. Dall'alto la piana di Strumica è un brillare di serre, peperoni e pomodori. Il grazioso monastero di Hamzali è recentissimo in stile bizantino, di pietre bianche accostate a variazioni cromatiche del marrone rossiccio.

Vigneti si stendono per qualche chilometro: assaggiamo il primo grappolo d'uva di questa stagione. Campi di tabacco e tabacco a seccare, appeso in serra. Eleonora è la negoziante di Gecherlija: il figlio undicenne parla un inglese perfetto e fa da traduttore. Carretti a cavallo e trattori, molta immondizia per strada e nei campi. Un contadino fresa a mano, aiutato da un cavallo, un campo di peperoni in serra. A Novo Selo un giovane ristoratore ci dice "è duro un anno per strada" e ci dona una palačinka con fichi e mandorle.

Tra carretti di peperoni e pomodori entriamo a Strumica, città dalla storia lunghissima e mescolanze di popolazioni, Carevi Kuli è la fortezza a difesa della città. Nell’estesa piazza centrale un monumento al patriota eroe, conteso con la vicina Bulgaria, Goce Delčev, al mercato venditori di angurie ce ne offrono una fetta e rifiutano i soldi.

Proseguiamo a Sud, sui monti della Belasica, ricchi di acque buone che diventano laghi, risorgive e cascate. Una sosta a Rabrovo ci fa conoscere Vasko, in Italia da vent’anni torna volentieri qui per parenti e amici, però solo in vacanza. Lungo la via banchetti di frutta vendono fichi e frutta. Saliamo tra colli assolati dritti dritti verso la Grecia.

Ricompare il segnavia della Jerusalem way, poliziotti ci chiedono da dove arriviamo e dove dormiremo, ma non ci chiedono i documenti. A Kazandol chiediamo acqua a una giovane donna che cucina in giardino per sette bimbe, che ci guardano curiose: ci fa entrare, ci parla in tedesco, ci regala pomodori. Al tramonto muezzin lanciano la loro preghiera ad Allah e alle cinque ci svegliano con l'adhan.

Coppie di contadini al lavoro nei campi di tabacco fioriti, verso il lago di Dojran, metà Macedonia del nord, metà Grecia. Barchette in acqua, bagnanti al sole, ombrelloni e pescatori. Un piatto di eccellenti filetti di carpa fritta sono il saluto alla Macedonia del Nord.

Poco meno di un chilometro e mezzo ingabbiato da reti altissime è terra di nessuno tra Mrdaja (North Macedonia) e Dojran (Grecia). La prima Grecia è ulivi, campi di grano mietuto, stoppie, colline gialle di caldo, cappelle con fonte, panca e tavolo, greggi di pecore e cani che ci abbaiano contro. Vigneti e una vasta area industriale precedono Stavrochori, poi campi coltivati e di pannelli fotovoltaici, colline e boschetti nei pressi di Kilkis, città antica, contesa e saccheggiata, spopolata e ripopolata da genti differenti.

L'anziano benzinaio a Kristoni ci vede arrivare, esce dal bar con due bottigliette di acqua ghiacciata, ce le porge senza una parola e si allontana. A Kampanis una cena a base di pita, insalata greca, tzatzichi e souvlaki. Assaggiamo Hell, da alcune settimane la lattina che contende il primato alla Coca Cola lungo i bordi delle strade: dolciastra, frizzante e con tanta caffeina.


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